L’art. 32 comma 14 del codice degli Appalti recita come segue: “Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata; in caso di procedura negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri”.

Il comma è diviso in due parti: la prima lascia a ciascuna stazione appaltante ampia discrezionalità circa l’individuazione della forma del contratto più adatta alle singole esigenze, consentendole di optare tra atto pubblico notarile, forma pubblica amministrativa o scrittura privata, tutte da redigersi secondo modalità elettroniche; la seconda parte, invece, pare consenta alla S.A. di stipulare contratti mediante scambio di lettere (o pec) sia nelle ipotesi di procedure negoziate, che per appalti non superiori a 40.000 euro.

La seconda sezione civile del Tribunale di Lecce è tornata, con la sentenza n. 970/2020 dell’8 aprile 2020, sulla questione relativa al diritto dell’appaltatore di ricevere il pagamento di opere non contrattualizzate, fornendo peraltro risposta negativa al quesito.

Nel caso di specie l’operatore economico aveva in precedenza richiesto, ottenendolo, l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo a carico dell’Ente Comunale a titolo di corrispettivo dovuto per l’attività di manutenzione sugli impianti di pubblica illuminazione, nonché per la gestione razionalizzata degli stessi.

L’Ente agiva in giudizio proponendo opposizione avverso il menzionato decreto ingiuntivo, sostanzialmente fondando la propria difesa sull’assunto che, non essendo stato stipulato alcun apposito contratto avente forma scritta (come visto sopra prevista ad substantiam), l’opposta, pur avendo effettivamente svolto dei lavori in favore della S.A., non poteva dirsi creditrice nei confronti del Comune, stante l’impossibilità di rinnovo tacito dei contratti avente ad oggetto forniture, servizi e lavori. É appena il caso di ricordare che già T.A.R. Catania sez. IV, 16 aprile 2018 n. 758, aveva ricordato che l’art. 23 della legge n. 62/2005 deve essere letto ed applicato in modo da escludere ed impedire, in via generale ed incondizionata, la rinnovazione di contratti di appalto scaduti, ma anche l’esegesi di altre disposizioni dell’ordinamento, che consentirebbero, in deroghe alle procedure ordinarie di affidamento degli appalti pubblici, l’affidamento senza gara degli stessi servizi per ulteriori periodi deve essere condotta alla stregua del vincolante criterio che vieta, con valenza imperativa ed inderogabile, il rinnovo tacito (e non) dei contratti (consentendone unicamente la proroga a talune condizioni).

Tra Comune e appaltatrice era intercorso un primo contratto, in data 10.10.2001, per lavori di manutenzione di impianti di pubblica illuminazione, ed un secondo contratto, in data 27.09.2004, per il “servizio per risparmio energetico mediante fornitura, posa in opera e manutenzione di apparecchiature di risparmio energetico degli impianti di illuminazione pubblica”. Il primo contratto scadeva a far data da novembre 2007, il secondo è stato invece ancora in essere fino al 2011.

Il secondo contratto, però, aveva ad oggetto “soltanto” “l’efficientamento degli impianti elettrici per garantire all’Ente un risparmio energetico del 40%…”; nel medesimo contratto era altresì previsto che, per tutto il periodo di validità, “la manutenzione di tutte le apparecchiature relative al servizio di che trattasi, con esclusione quindi delle lampade e dei quadri esistenti, affinché siano in buono stato di funzionamento, sarà affidata al fornitore che provvederà a verifiche di funzionamento con cadenza periodica. La P.A. si impegna per tutto il periodo di validità del contratto ad effettuare la manutenzione dei propri impianti a sue spese e mantenendone inalterate le caratteristiche”.

Già dalla prima lettura del documento negoziale, dunque, si evince che l’attività di manutenzione dei corpi illuminanti a risparmio energetico era a carico della Ditta la quale, per l’effetto, nessun compenso aggiuntivo era legittimata a chiedere. La manutenzione sugli altri impianti illuminanti, invece, già presenti nel Comune era a carico dell’Ente. Per questi ultimi, il Comune avrebbe dovuto stipulare idoneo contratto, mentre risulta che ha avuto con l’appaltatrice un regolare rapporto contrattuale soltanto dal 2001 al 2007, ma successivamente non ha avuto altri contratti.

Dunque, procede il Giudice leccese nell’enunciazione del principio di diritto (peraltro facendo in parte rinvio alla Giurisprudenza di merito), pur avendo effettivamente l’appaltatrice effettuato una serie di interventi sugli impianti di illuminazione in favore dell’Ente, in mancanza di un contratto avente forma scritta questa avrebbe dovuto agire giudizialmente non con azione per responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., non essendosi perfezionato un valido contratto avente forma scritta, ma con l’azione residuale di cui all’art. 2041 c.c., ovvero l’azione generale di indebito arricchimento.

Nel caso analizzato, il Tecnico Comunale aveva finanche sottoscritto un atto consistente, di fatto, in un vero e proprio riconoscimento del debito: tuttavia il Magistrato ha ritenuto detta condotta, peraltro posta in essere da soggetto privo del potere di rappresentanza legale dell’Ente, del tutto insufficiente a “sanare” l’assenza di contratto scritto; gli atti negoziali della P.A., infatti, consistono unicamente in vere e proprie manifestazioni formali di volontà e non sono surrogabili con comportamenti per facta concludentia, come il riconoscimento del debito fuori bilancio operato dal Rappresentante del Settore.

Per l’effettivo, stante l’assenza di contratto avente forma scritta, l’operatore economico opposto, limitatamente a tale pretesa, veniva dichiarato soccombente nel giudizio di merito.

Dott. Matteo Macari


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